Il Saluto della Diocesi a S. Ecc.za Mons. Orazio Francesco Piazza

Il delegato ad omnia: "In quello che vivo il meglio che posso" Oggi per noi diventa: "in quello che lascio, ritrovo il meglio"

Saluto a S.E.M. Orazio Francesco Piazza 

Cattedrale di Sessa Aurunca, 20/11/2022

Tocca a me, Ecc.za carissima, raccogliere il grazie dei presbiteri, dei diaconi, dei religiosi/e, dei seminaristi, dei Consigli Pastorali, della Curia, dei laici, delle autorità civili e militari, delle agenzie educative, delle istituzioni, delle associazioni, dei movimenti, della vostra famiglia per questi nove anni di ministero episcopale. Forse troppo pochi, forse abbastanza…sarà il Signore a valutare!

«Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito» ci ricorda l’evangelista Giovanni (Gv 3,8). Il tempo trascorso assieme è stato un vento di grazia, di trasversale novità, di intensa affinità, di dialogo trasparente. Nove anni fa, proprio in questa splendida Cattedrale, siamo saliti su un treno scattante: mai immaginavamo che fosse così spedito! Ognuno col proprio ruolo, col proprio bagaglio, con le proprie attese, con le personali ferite, si è ritrovato a condividere un pezzo di storia che ha avuto il sapore della lungimiranza, della fecondità, della prossimità. Troppo lungo sarebbe l’elenco dei tanti doni di questi anni. Ne cito solo due: la speranza del futuro, con ben oggi 6 seminaristi ed un diacono transeunte pronti a tuffarsi nell’avventuradell’evangelizzazione, e la passione per gli ultimi, con la mensa dei poveri e le case di accoglienza per i profughi ucraini. Due sponde che raccontano il volto di un Pastore innamorato di Cristo, della Chiesa, del Papa. Una Comunità chinata sui poveri come immagine di Gesù stesso, in piena comunione con Pietro ed i suoi successori. Grazie Ecc.za perché avete permesso che quella realtà teandrica, di incontro uomo/Dio, dettasse la riforma a questa nostra Chiesa locale. «Cristo è la luce delle genti». (LG 1). Non è stato un semplice cartiglio episcopale, bensì un programma di vita capace di dire all’uomo sfiduciato di oggi la bellezza di un Cristoaffascinato dalle fragilità individuali. Ognuno ha trovato la porta del vostro cuore sempre aperta, ed in quella autorevole intelligenza ed affabilità che vi caratterizzano, ha saputo cogliere la sapienza di rileggere il vissuto alla luce del Vangelo. Grazie Ecc.za per la fiducia paterna data a noi preti e consacrati, per l’incoraggiamento costante al mondo laicale, per il dialogo maturocon le istituzioni, per la passione travolgente di non fermarsi mai dinanzi alle problematicità del territorio. Quanti kilometri macinati, quanti sorrisi dispensati, quanti abbracci effusi. Avete saputo leggere con occhi paterni e materni le potenzialità di questa nostra terra campana. «Questa è la mia famiglia!», spesso avete ripetuto. Una frase che riassume tutto…o forse riassumeva tutto!

In questi giorni a parecchi è sovvenuta la provocazione di Carlo Carretto: «Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo! Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo! Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza. Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità!
Nulla ho visto al mondo di più oscurantista, più compresso, più falso e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello.Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia le porte della mia anima, quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure». Alcuni disegni di Dio Ecc.za sono incomprensibili, a volte proprio difficili da accettare. Eppure solo l’obbedienza all’amore rende liberi. «Amore domanda Amore», in questi anni ci avete ricordato con le parole di Santa Teresa d’Avila. Anche una mamma dice “sì” al dolore per genere un figlio, anche un papà dice “sì” ai sacrifici per sostenere la famiglia, anche un prete dice “sì” alla sofferenza per essere libero:uniti in quell’unico “SI” redentivo di Cristo Crocifisso. A testa alta e col cuore ferito, il 4 ottobre u.s. vi è stato chiesto di sintetizzare, in una disponibilità molto salata, l’ultima parte ministeriale di una vita spesa per la Chiesa, con la Chiesa e nella Chiesa. E se oggi le lacrime rigano il nostro volto, siamo fieri che il nostro Pastore ha saputo dare l’esempio col sacrificio del SI. A questa nostra amata Chiesa di Sessa resta l’incognita per il futuro, ma siamo convinti che aldilà dei monti sia già sorto il sole del nuovo giorno e Dio continuerà ad illuminare e benedire questa porzione di Terra Felix!

Un’ultima preghiera, Ecc.za la recitiamo noi a Dio per voi. È quella di Sant’Ignazio di Loyola, a tutti tanto cara: «Prendi, Signore, e accetta tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto, e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu mi hai dato tutte queste cose, a te, Signore, le restituisco; sono tutte tue, disponine secondo la tua volontà. Dammi il tuo amore e la tua grazia, queste sole, mi bastano». In quella fiducia filiale, Gesù oggi torna sul lago di Tiberiade del vostro cuore e vi chiede di prendere il largo, di calare le reti perché la Chiesa di Viterbo ha bisogno di continuare a credere, lottare, sperare che dalle “spine si raccoglie uva” (Sant’Agostino).

«In quello che vivo il meglio che posso». Oggi per noi diventa: «In quello che lascio, ritrovo il meglio», perché: “chi lascerà…riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna” (Mt 19,30). Come scrive Alan Cohen: «Proprio quando pensi di aver vissuto tutto, arriva la vita e ti dice: “Ecco, lascia che ti mostri un universo più grande!”».  Grazie Padre Vescovo, continuate a benedirci. Noi lo faremo volentieri, per sempre!

Ed un ultimo appello alle Istituzioni, ai laici, ai religiosi/e, ai diaconi ma soprattutto ai cari fratelli presbiteri: restiamo uniti! È l’unica carta vincente contro ogni male…

Maria, Avvocata del nostro Popolo vi accompagni Ecc.za…vi vogliamo bene, e ve ne vorremo…per cent’anni!

 

Don Roberto Guttoriello