Sessa Aurunca sette – ed. 25 maggio 2014

di Orazio Francesco Piazza * «Non tu ti trasformerai in me, (…) ma io sarò trasformato in te. Mi muterò in te, affinché (…) non abbia più a subire mutazioni. (…) Allora sarò buono della tua bontà, prudente della tua prudenza, semplice della tua semplicità, sereno della tua serenità (…). Allora sarò te, (…) perché tu ti sei unito a me, (…) per unirmi al tuo Spirito e farmi diventare un solo spirito con te (1Cor 6,17), di modo che tutto ciò che è buono lo voglia in te, tutto ciò che voglio lo possa per te, tutto che posso lo sappia da te. (Che io) sia rivestito da una doppia veste (Pr 31, 21), ossia io arda di una duplice carità : l’amore di Dio e dei fratelli». La carità, infatti, «è l’anima della santità alla quale tutti siamo chiamati: essa dirige tutti i mezzi di santificazione, dà loro forma e li conduce al loro fine (LG 42)». «La carità è la fonte e origine di tutti i beni, la più eccellente difesa, la via che porta al cielo. Chi cammina nella carità non può sbagliarsi né temere. Essa dirige, protegge, guida alla meta. Perciò, fratelli, dato che il Cristo ha drizzato la scala della carità, per la quale ogni cristiano può salire al cielo, aggrappatevi fortemente a questa pura carità, donatevela a vicenda e salite insieme, progredendo in essa». In questo breve ma significativo tracciato interiore è concentrato il senso stesso della universale e comune vocazione alla santità. Al tempo stesso è reso comprensibile il perché non si possa tentare alcuna via di una sua definizione concettuale, quanto, piuttosto, si è chiamati a comprenderla, vivendola come esperienza di conformazione e di intima unione a Cristo. « Vi sono infatti in noi regioni d’anima più vaste. Là non si ragiona più, non si discute più: si vede, si sperimenta, si ama. Viviamo intensamente in queste profondità. È il terreno immutabile della nostra unione». Il progresso spirituale «tende all’unione intima sempre più intima con Cristo. Questa unione sia chiama mistica perché partecipa al mistero di Cristo (…) e in lui, al mistero della santissima Trinità». È, infatti, l’intima e totale unione all’amore di Cristo il cuore di ogni santità: questa unione che genera e fa vivere la carità è l’origine, il percorso e la destinazione ultima di ogni santificazione. È vivere la pienezza della vita di relazione del Dio trino ed unico che si incarna, nel nostro quotidiano e in tutte le nostre vicende, nei nostri complessi percorsi personali e comunitari, in una duplice e costante forma: l’intimità con Dio e la comunione di carità, di condivisione, di amore e di stima con i fratelli. Infatti, senza questa duplice forma di amore, vero e profondo, la nostra santità non potrebbe dirsi autentica e veramente compiuta. Ognuno diviene santo nell’intimità con Dio, che trasforma e rinnova il cuore, e nella condivisione e la cura del proprio fratello: diveniamo santi con gli altri, attraverso gli altri e, soprattutto, per gli altri. «Uniti a Cristo siamo resi santi e per mezzo di lui e con lui diveniamo santificanti». La pienezza della vita personale si raggiunge con chi è accanto, attraverso e con coloro che condividono il nostro percorso di vita, non malgrado loro e mai lontano da loro. I fratelli, secondo il cuore di Dio, sono offerti e consegnati a ciascuno come concrete e ordinarie vie di santificazione. Non è distaccandosi da essi, quasi come in una forma di spirituale protezione, che potremo dire di aver meglio e più intensamente incontrato Dio. Piuttosto, essi attendono da noi segni opportuni per la loro santificazione. «Il grande dovere che abbiamo verso i nostri fratelli è quello di vigilare su noi stessi per non nuocere in nulla alla loro perfezione. Le nostre azioni, le nostre parole e talvolta i nostri consigli, e in certi casi perfino il nostro silenzio, potrebbero essere (…) occasioni sufficienti per un vero arresto nel compiere il bene». Il modello alto di questa santificazione che passa necessariamente attraverso la cura e l’attenzione verso l’altro è la kenosi dell’incarnazione. In essa, Cristo, «Sollecitudine misericordiosa (…) è stato, e lo è, con la sua indicibile bontà nella sua cura per le creature visibili e invisibili, affinché giungano al porto del bene, ottengano le promesse e attuino la loro vocazione al cielo, che è traboccante di viva beatitudine nella vita». * Vescovo