Sessa Aurunca Sette – edizione 05 gennaio 2014

di Orazio Francesco Piazza * Con questa pubblicazione, iniziamo un percorso settimanale, che ci porterà a riflettere sul sensus acclesiae. Il contributo si orienta a leggere e a motivare uno stile ecclesiale. Uno stile che esige non solo una comune sensibilità, ma anche un procedere insieme di tutte le parti di questa unione organica e differenziata che è la Chiesa. È per questo opportuno che lo sguardo su questa complessa e fascinosa realtà misterica sia, da un lato, caratterizzato da lucidità e liberalità della intelligenza, appunto per meglio scrutarla nella sua condizione fattuale e storica (dimensione empirico-fenomenologica), ma anche, dall’altro, da densità e coinvolgimento del cuore, per identificare le vie profonde che la costituiscono e ad essa intimamente ci legano (dimensione interiore e mistica). La Chiesa, per sua intima costituzione, esige che queste due dimensioni, empirica e mistica, siano costantemente e quotidianamente armonizzate. Si conferma in tal modo l’auspicio che il parlare della Chiesa conduce sicuramente a comprendere di più la Chiesa del Dio trino ed unico, ad amarla ancora di più e, soprattutto,  a viverla più intensamente. Il Concilio Vaticano II, che riportiamo all’attualità in tutta la sua forza profetica, ha innestato nell’orizzonte della Chiesa il suo naturale e irrinunciabile riferimento alla storia. Una storia da amare e da considerare come il tessuto vitale dell’azione e della finalità salvifica della sua presenza sacramentale (Cf GS 1). Questa Chiesa, qui ed ora, ha per sua unica missione «di rendere presente Gesù Cristo in mezzo agli uomini. «(…) Ma quello che essa è per noi, lo deve anche essere attraverso noi. È quindi necessario che attraverso noi Gesù Cristo continui ad essere annunciato, che attraverso noi continui a trasparire». A questa esplicita definizione ne aggiungiamo una seconda: «la Chiesa è un corpo in crescita. È un edificio in costruzione». E, infine, una terza:« Poiché la Chiesa è un tempio ancora in costruzione, essa è anche impalcatura e attrezzatura». Da questa descrizione si deve dedurre che, in essa, strumenti e strutture non possono essere considerati in chiave esclusivamente funzionale, ma come dimensione sacramentale che ne rivela l’intima natura. Per questo la sua realtà, organica e differenziata, si esprime in modo significativo in forme e strutture che, seppur assumono densità e spessore di prassi operativa, rimandano costantemente alla sua più intima dimensione misterica (umana-divina).   Inoltre, ogni evento di Chiesa diviene evento della Chiesa, costruzione (figura architettonica) o corpo in crescita (figura fisica), perché essa trova evidenza attraverso la sua incarnazione nel mondo che, se da un lato, ne alimenta la concretezza, dall’altro ne limita la piena manifestazione. Essa è e cerca sempre più di essere, per l’uomo e per il mondo, sacramento del mistero di comunione con il Dio-trinità e degli uomini tra loro (LG 1). Questa articolata realtà di relazione, che è la Chiesa, è il cantiere aperto ed il corpo organico che esprime e realizza il progetto trinitario della salvezza. La nostra complessa vicenda umana è dunque la trama, sicuramente discontinua e talvolta anche contrastante, di quella progressiva opera di esecuzione che, dalla comunione trinitaria, tende, attraverso il mistero del Dio fatto uomo, al suo definitivo compimento nella vita divina. Il Dio-trinità ha lasciato il segno evidente della sua compagnia e una traccia sicura del cammino verso la pienezza del suo amore: la Chiesa, presenza viva del Cristo nel tempo, luogo dell’incontro, spazio di dialogo e di vera fraternità (GS 92). Della realizzazione definitiva di questo progetto, essa è quotidiana anticipazione e prospetto futuro. La Chiesa guarda alla sua destinazione, alla meta del Regno e si impegna a fermentare la storia, indirizzandola verso questa ultima destinazione. Nell’attuare questo progetto è però segnata dalla quotidianità e dai contesti in cui concretamente si incarna (GS 37). E l’oggi di cui è necessario farsi carico, come Chiesa, è caratterizzato sempre più da alcune realtà che toccano intimamente la sua stessa struttura. Questo nostro tempo, infatti, presenta la netta sensazione di essere collocati in una contestualità non facilmente decifrabile, ricca di potenzialità ma in concreto sfuggevole e ambivalente. Siamo nel cuore della frammentazione: le singole sfere dello scambio vitale e sociale, gli ambiti di appartenenza e di riconoscimento sembrano polverizzati in una miriade di frammenti. «Il quadro socio-culturale […] si presenta come un insieme magmatico di frammenti […], una sorta di vestito di Arlecchino […], privo di un progetto culturale unificante». La struttura della vita si configura attraverso un atteggiamento particolarmente tollerante e versatile, caratterizzato da profonda varietà, da pluralità di appartenenze e di modi di essere, fino a ridurre le questioni essenziali dell’uomo e del mondo a pura formula privata ed esclusivamente soggettiva. Un modo di essere o punti di vista che sono patrimonio ed espressione di una libertà individuale che, difficilmente, trova ragioni di incontro o di convergenza con tutte le altre libertà. È un tempo, il nostro, segnato sempre più dalla rarefazione dei legami, delle appartenenze e delle relazioni stabili. Questa doverosa premessa segna sensibilmente l’oggetto della nostra riflessione. Appunto in questa luce, alquanto problematica, è necessario considerare non solo i limiti, ma anche le tante possibilità, per discernere la complessità e le esigenze del contesto. In negativo emergono, con cruda chiarezza, i segni della destrutturazione della vita, del cambiamento del codice delle relazioni (dal simbolico al pragmatico), di un individualismo esasperato e, soprattutto, della rarefazione del concetto di ruolo. Ma, in positivo sono sicuramente da evidenziare nuove opportunità fruibili attraverso la struttura reticolare della società, la pluralità sociale e la possibilità di articolare le molteplici differenze, la personalizzazione e la responsabilità nell’azione, la maggiore qualificazione nelle specifiche competenze. Questa serie di limitazioni/possibilità del nostro contesto, sociale ed ecclesiale, manifestano un comune riferimento, quasi una invocazione di questo nostro tempo: ritrovare relazioni qualitative e solidità nei legami. Di questa esigenza la Chiesa, per sua natura, può e deve essere segno e strumento; opportunità e valore aggiunto per la storia del mondo. L’accenno a queste dinamiche del nostro contesto e la necessità di un consistente richiamo alla memoria conciliare, per ripresentarne l’originaria freschezza, costituiscono l’alveo per le successive considerazioni, con la chiara consapevolezza, però, che alcuni “modelli di pensiero” di questa contestualità hanno già permeato, in negativo, il tessuto vitale delle nostre comunità e di conseguenza anche il modo di intendere e di attualizzare la stessa realtà della Chiesa.

* Vescovo