Sessa Aurunca sette – ed. 29 giugno 2014

di Orazio Francesco Piazza * Sembra opportuno sintetizzare e incarnare la nostra riflessione sulla santità attraverso una triplice via che non solo ne descrive il tragitto, ma ne prospetta anche la meta. Sono tre paradigmi che possono quotidianamente essere usati per la verifica del cammino personale e comunitario. Via unionis: fidarsi, confidare, affidarsi; Via caritatis: fai bene ciò che sei chiamato a realizzare ; Via comunionis: anticipazione e profezia. «L’uomo diventa beato toccando col cuore ciò che è per sempre beato, ciò che è la stessa beatitudine eterna. Ciò per cui l’uomo è vivo è la vita perpetua; ciò per cui l’uomo è sapiente, è la sapienza perfetta; ciò per cui l’uomo è illuminato, è il lume eterno» (Agostino, Discorsi, 117,3,5). .Per questo, è «impossibile vivere senza vita, ma l’essenza stessa della vita deriva dalla partecipazione stessa a Dio, e la partecipazione a Dio consiste nel vederlo e nel godere della sua bontà. Così gli uomini vedono Dio per poter vivere; questa visione (…) li fa giungere fino a lui» (Ireneo DI LIONE, Contro le eresie, 4,20,4-6). Fidarsi di Dio e delle sue vie provvidenziali, confidare nella sua presenza corroborante e affidarsi alla sua volontà: è questa la via unitiva della santità. Perciò, «Dio soltanto diverrà l’obiettivo delle (nostre) aspirazioni, la sostanza del (nostro) modo di essere, la motivazione della  (nostra) attività. È in questo modo che Dio rappresenterà davvero «tutto»… e un’anima, che sarà costantemente radicata nel bene, non avvertirà più il desiderio di nutrirsi dei frutti dell’albero della scienza del bene e del male» (Origene, I principi, 4, 6,3). La santità di questa presenza a Dio si trasforma in vera sapienza, in sguardo profetico che sa intuire e dichiarare le inesauribili vie dell’unione. La santità, come presenza unitiva (in-medesimazione – partecipare per assomigliare), è pura novità e indicibile possibilità di vita che la nostra semplice ragione, con le sue mentalità e convinzioni, non può mai del tutto padroneggiare. Ciò che di volta in volta viene scoperto in questo mistero di comunione «si presenta come assai più nuovo e straordinario di ciò che è già stato compreso: quello che è atteso, infatti, diventa più divino e grandioso di ciò che si ha già sotto gli occhi» (Gregorio DI NISSA, Commento al Cantico dei cantici, 11).  Questo rende l’uomo santo non solo attuale, ma capace di rintracciare strade nuove dove tutto sembra coperto da oscurità e dubbio. Il fidarsi, confidare e affidarsi trasforma in persone positive e fiduciose; in persone protese a scovare le cose positive da sviluppare. Via caritatis: fai bene ciòcheseichiamato a realizzare. Il concetto della santità, nel suo dinamismo e nella sua continua novità, è sempre più complesso di come viene inteso e non esaurisce mai in se stesso la ricerca. Per questo, da tanti è considerato come il suo stesso limite, ma, in realtà, esso «diviene, per quanti vogliano salire in cerca di ciò che sta più in alto, il punto di partenza» (Gregorio DI NISSA, Commento al Cantico dei cantici, 11). La santità è nel suo percorso, nel vivere ogni giorno questo dono e questa vocazione. Il desiderio della definitiva perfezione, che potrebbe apparire irraggiungibile, in realtà si esaudisce nel vivere in ogni momento questa tensione unitiva con Cristo e con i fratelli. Cercare di vivere bene ogni azione, cioè secondo Dio, e al meglio delle proprie possibilità, col massimo della disponibilità: questa è via ordinaria di santificazione; è percorso di santità, ma anche sua anticipazione. «Chi progredisce ogni giorno e si rinnova nella conoscenza di Dio, nella giustizia e nella vera santità, trasferisce il suo amore dalle realtà temporali a quelle eterne, dai beni visibili a quelli intelligibili, dalle cose carnali a quelle spirituali» (Agostino, La Trinità, 14, 23). E in questa prospettiva rilegge e incarna il senso di tutta la propria esistenza, come esistenza di santità. Via comunionis: anticipazione e profezia (dimensione ecclesiale della fraternità definitiva). Questo terzo paradigma non solo esprime la condizione comunitaria di ogni santificazione, ma ne caratterizza anche gli effetti immediati e ordinari. Vivere la santità è già anticipare, lasciare emergere vie di comunione e di condivisione fraterna. Non a caso la destinazione ultima di ogni santificazione altro non è che il vivere la pienezza dell’amore di relazione. L’impegno della santità crea una mentalità e uno stile comunitario. «Fratelli, poi, sono in realtà coloro i quali, in grazia del nuovo universo di eletti di cui sono entrati a far parte e in virtù della loro concordia e della comune essenza delle loro scelte morali, compiono le medesime opere e pensano e dicono cose sante e pure: è il Signore stesso che ha voluto che costoro, essendo stati eletti, si comportino a questo modo. La fede, infatti, consiste nel compiere le stesse scelte; la conoscenza, nell’apprendere e nell’intendere le stesse cose; la speranza, infine, nell’agire in sintonia» (Clemente Alessandrino, Stromata, 7, 74, 8-78, 6). Questo triplice paradigma tende a concretizzare uno stile di comunione. Questa è la via di santificazione e la testimonianza della vera intimità con Dio. Siamo chiamati ad essere santi, ad essere sacramento  della intima comunione con Dio e con i fratelli. Ma tutto ciò, con la consapevolezza di essere in cammino e con la volontà di corrispondere al meglio a questa comune vocazione seguendo il consiglio del Padre Ignazio di Lojola nei suoi Esercizi Spirituali: con sapienza, prudenza e costanza. * Vescovo