CRISTO RISORTO, SPERANZA CHE TRASFIGURA LA VITA

Carissimi, alle soglie della Settimana Santa e in questo momento, così drammatico e carico di preoccupazioni, è ancora più importante rivolgere a tutti voi l’annuncio gioioso della Pasqua del Signore Gesù Cristo,

Carissimi,
alle soglie della Settimana Santa e in questo momento, così drammatico e carico di preoccupazioni, è ancora più importante rivolgere a tutti voi l’annuncio gioioso della Pasqua del Signore Gesù Cristo, nostra unica speranza. La pandemia ha stravolto le nostre vite, all’improvviso, e in pochi giorni le ha spinte in una condizione totalmente inedita. Quante ansie stanno segnando i nostri giorni: la paura del contagio, le notizie tragiche, le tante vittime, l’impegno estremo degli operatori in situazioni precarie, le restrizioni, le inevitabili problematiche personali, familiari, ecclesiali, economiche e sociali, tutte caratterizzate dall’ombra lunga della distanza fisica. Le famiglie sono costrette a ridefinire completamente spazi e tempi per poter rispondere alle preoccupazioni che si moltiplicano.
Tutto questo sta segnando le nostre vite, profondamente; le difficoltà, sempre più stringenti anche a livello economico e sociale, richiedono maggiori energie interiori a sostegno della vita. Proprio ora possiamo e dobbiamo rispondere a queste situazioni partendo dal nostro cuore. La spiritualità, che collega cuore e vita, è il sentiero nel deserto di questo comune esodo in cui trovare le condizioni, sicuramente faticose ma feconde, per giungere alla destinazione di un nuovo inizio di vita. In questo percorso, tra prove e rinnovato affidamento a Dio Trino ed Unico, stiamo toccando con mano la precarietà e il limite che accompagnano ogni esistenza, ma, nel contempo, sentiamo più viva e concreta la forza della preghiera, della condivisione spirituale e della vera fraternità, in un atteggiamento più aperto all’attenzione e al rispetto per l’altro.
All’inizio di questo difficile momento ricordavo come solo nella prova emerge la verità di noi stessi. In questo tempo, tra alterne situazioni di vita, stanno bussando alla porta del nostro cuore i riferimenti fondamentali per la fede e la vita, radicati in un rinnovato e più intenso incontro con Dio, cercato non tanto per le consolazioni da ottenere, ma per la bellezza dell’abbraccio con Lui, Dio della consolazione, fedele al suo amore per noi nel dono del Figlio, crocifisso e risorto, e dello Spirito, il consolatore. È il suo Amore incondizionato, la sua Presenza nella nostra quotidianità, l’autentico esaudimento di quanto speriamo. Se non lasciamo prigioniero il cuore nell’ansia, potremo verificare che non tanto le cose riempiono il cuore e la vita, ma la gioia della relazione, fiduciosa e confidente. Il non poter vivere la normalità quotidiana, anche nel contesto ecclesiale, per la necessità di dover sostenere le indicazioni sanitarie a tutela della comune incolumità, ha dato a questa Quaresima la forma nuova di una particolare esperienza di Preghiera, Digiuno e Carità. Oltre l’opportunità di una rinnovata sensibilità personale, ha consegnato, attraverso nuove vie, l’esperienza dell’incontro spirituale comunitario in Cristo Signore: incontro reale ed efficace, malgrado la distanza fisica. Stiamo scoprendo in modo nuovo come la sua Presenza, là dove due o più si radunano nel suo nome, è viva e feconda di grazia. Come non ricordare i momenti di intensa commozione, nella fede, quando, convocati attorno a Pietro, abbiamo sentito pulsare l’unico cuore di tutta la Chiesa, in preghiera, per invocare il soccorso di Gesù Signore e l’intercessione amorevole della Madre Maria, per la salvezza del mondo. Piazza S. Pietro, così vuota di persone fisiche, è stata il simbolo dell’edificio spirituale che è la Chiesa di Cristo, chiamata a rendere evidente l’amorevole cura di Dio attraverso il nostro impegno, in ogni contesto e situazione.
In questo sentiero quaresimale, così singolare, ha trovato motivazione la necessità di una vera trasformazione del cuore e della vita: tutti siamo stati chiamati a riconsiderare la persona e la trama vitale degli affetti e delle relazioni. Lentamente, ma progressivamente, stiamo lasciando alle spalle la pretesa di voler strappare, in questa emergenza, una normalità, figlia di abitudini, perché le sfide e il dramma umano di tante vittime impongono maggiore disponibilità e sensibilità. È necessario ridisegnare il senso e le priorità di vita alla luce di una prospettiva più fraterna, forse perduta nel quotidiano: non esistiamo da soli, siamo coinvolti e immersi nella vita di tutti gli altri, soprattutto i più fragili e poveri. Il ritrovarsi in famiglia o nella solitudine del cuore a pregare, cercando la condivisione anche in gesti simbolici, può e deve orientarci ad una graduale ricomprensione delle nostre relazioni da qualificare sempre più in senso veramente umano, secondo il principio evangelico: «ama il prossimo tuo, come te stesso». Dobbiamo concretizzare questa opportunità, in contesti personali, ecclesiali, economici e sociali, per ritrovare la normalità della sobrietà, della condivisione, della reciprocità e della mutualità, per affrontare i bisogni comuni, soprattutto dei più deboli. Le precarietà più che chiudere il cuore devono dilatarlo, nella consapevolezza che ognuno è necessario a tutti, attraverso gesti di vera solidarietà che donano volto umano alla vita.
Per questo, non possiamo celebrare la Pasqua con la memoria nostalgica di ciò che ci è sottratto, ma, con il cuore purificato e libero; dobbiamo innestarci nella radice feconda della Risurrezione di Cristo per accogliere la grazia della speranza che trasfigura le nostre vite. La momentanea distanza, solo fisica, nelle celebrazioni ci porterà, alla fine di questa prova, a ritrovare in esse il loro grande e intimo valore: se talvolta siamo stati vicini fisicamente ma estranei nella fraternità, ora possiamo considerare quanto valore abbia uno scambio di pace o il potersi guardare negli occhi, uniti da Cristo e resi coesi dallo Spirito, in quell’amore reciproco che è il sigillo della vera sequela e dell’appartenenza a Lui. Per dirsi cristiani nel nome, bisogna mostrarlo nei fatti. La Pasqua del Signore Gesù è il lievito che, in ogni contesto, genera relazioni sentite e fraterne. Come avverte la parola di Dio: il germoglio della vita è nascosto tra le spine; per farlo crescere dobbiamo creare spazi. Nulla di nuovo è scontato, nulla può essere raggiunto senza affrontare con determinazione le difficoltà.
In questo periodo, se ben guardiamo, stiamo mettendo le mani tra i rovi, senza però perdere la fiducia; siamo impegnati a dare spazio e vitalità al germoglio della vita, personale e comunitaria, con la spinta della speranza, dono del Risorto, che chiede di rintracciare e valorizzare ogni opportunità positiva disponibile. La luce della Pasqua dona lo sguardo fiducioso che orienta le nostre vite, con uno stile che sa attraversare le prove senza divenire preda della disperazione. Possiamo cucire, con le nostre mani, il nuovo abito della esistenza personale, ecclesiale e sociale, con le stoffe di ritrovate radici umanizzanti, di una memoria creativa che non si chiude nei problemi, della reciprocità che ritrova il volto della fraternità, della speranza che ha i tratti dell’amorevole fiducia, della pazienza e di una virtù provata (cf. Rm 5,1-5). Appunto ora, dobbiamo innestare i cuori nel cuore trafitto del Crocifisso e, in Lui, accogliere il dono di una vita che si rigenera e rinnova. Sia più forte il desiderio della fraternità così da condividere l’ascolto della Parola e lo spezzare il pane; sentiremo più intensamente la forza unificante dello Spirito del Signore che ci compatta, come pietre vive, nell’edificio spirituale che è la Chiesa. Con questo dono, invocato e accolto, ritroviamo sempre più la bellezza della Famiglia come Chiesa domestica che vive la Pasqua del Signore, per risollevare lo sguardo e contemplare la croce con gli occhi dell’Amore crocifisso: riconosceremo nella sua carne la nostra carne e potremo sperimentare la certezza che quanto si è realizzato in Lui, si realizza, ora, nei nostri cuori crocifissi nel suo amore.
Consolidiamo, Fratelli e Sorelle, l’unione spirituale e fraterna nel celebrare la Pasqua di Cristo, nostra unica speranza; «si spezzino le pietre dei cuori ed escano fuori dalla tomba, travolgendo ogni ostacolo. A nessuno, anche se debole e inerme è negata la vittoria della croce, e non vi è uomo al quale non rechi soccorso la mediazione di Cristo». Ogni persona sia il canale attraverso cui fluisce la linfa vitale che sgorga dal cuore del Risorto per trasfigurare la vita. «Procuriamo che le attività della vita presente non creino in noi troppa ansietà o troppa presunzione sino al punto da annullare l’impegno di conformarci al nostro Redentore, nell’imitazione dei suoi esempi. Nulla infatti egli fece o soffrì se non per la nostra salvezza, perché la virtù che era nel Capo fosse posseduta anche dal Corpo» (Leone Magno, Discorsi, 15). Il realismo con cui siamo chiamati ad affrontare le prove trova sostegno in una speranza che si specchia nel volto di Cristo, morto e risorto per tutti. Nella prova, vissuta con fiducia e nell’affidamento, sboccia il frutto della vita rinnovata.
Con questa fiducia, desidero dire grazie a voi tutti che, mentre state sperimentando piccole morti tra le molteplici difficoltà, nell’affidamento al Signore siete già segno di altrettante piccole risurrezioni: la celebrazione della Pasqua pone il sigillo alla nostra speranza. Grazie a voi sacerdoti, religiosi e religiose, per quanto state facendo nell’affrontare, con nuovo slancio, queste particolari situazioni di ministerialità a servizio del Popolo di Dio. Esprimo grande riconoscenza verso coloro che, in ogni ambito e funzione, si stanno prodigando con dedizione e generosità. Desidero dire a tutte le famiglie: non sarete sole e, con l’aiuto di Dio, si cercherà di sostenervi in ogni modo. Vi affido le parole di Atanasio: «La grazia della celebrazione festiva non è limitata ad un solo momento, né il suo raggio splendente si spegne al tramonto del sole, ma resta sempre disponibile per lo spirito di chi lo desidera. Egli che, per la nostra salvezza consegnò alla morte il Figlio suo, per lo stesso motivo ci fa dono di questa festività. La celebrazione liturgica ci sostiene nelle afflizioni che incontriamo in questo mondo, ci accorda la gioia della salvezza che fa crescere nella fraternità. Mediante l’azione sacramentale della festa, infatti, ci fonde in un’unica assemblea, ci unisce tutti spiritualmente e fa ritrovare vicini anche i lontani. È un miracolo della bontà di Dio quello di far sentire solidali nella celebrazione e fondere nell’unità della fede lontani e vicini, presenti e assenti» (Lettere pasquali, 5, 1-2».
Carissimi, in questa Pasqua del Signore Gesù, potremo sperimentare la potenza della Grazia di Dio; canteremo, tutti insieme, l’Alleluia che dona fiducia ai cuori. Sentiamoci vicini e lasciamo che la Sua grazia trasformi la nostra vita. Questo è il tempo «che ci porta e ci fa conoscere un nuovo inizio» (Atanasio, Lettere pasquali): dobbiamo disporci a questo nuovo inizio con scelte che umanizzano la vita. Accogliamo il lievito della Risurrezione di Gesù Cristo: non sarà vana la nostra speranza!

 

Nella Pasqua del Signore Gesù, aprile 2020.

Orazio Francesco, Vostro padre in Cristo.